L’icona del Santuario San Pietro Martire di Seveso «Concilio ecumenico dei nuovi Martiri»

«Concilio ecumenico dei nuovi Martiri», icona dipinta per mano di Aleksandr Stal’nov
in collaborazione con la Comunità Monastica Ss. Trinità di Dumenza
e l’Associazione di Iconografia Cristiana San Giuseppe di Busto Arsizio.
Santuario San Pietro Martire di Seveso (2017 cm 89 x 170).

Descrizione

Le chiese nella loro dimensione storico-geografica sono rappresentate dalle 7 chiese dell’Apocalisse nelle quali si rivela la testimonianza del martirio. Sette sono le cupole  (le cui architetture nell’icona richiamano le chiese d’Oriente e quelle d’Occidente), il cui  numero implica già un’idea di pienezza e perfezione ma ancora in attesa di un compimento escatologico, rappresentato dalla ottava chiesa che fa da sfondo e che accoglie  le  7  differenti chiese. Questo grande Tempio  rappresenta  il compimento realizzato  dell’unità della chiesa di Cristo.

L’annuncio Cristo Crocifisso è  al centro dell’icona, con ai piedi le tradizionali figure della Madre di Dio e di San Giovanni evangelista. Collocato simbolicamente al centro del Tempio che racchiude la testimonianza dei Martiri, l’evento della crocifissione rivela la forza di ogni martirio: è la forza del chicco di grano che, caduto in terra, muore e per questo produce frutto. Solo dal dono di Cristo, da quel sangue e acqua sgorgati dal fianco trafitto, il Martire trova il coraggio e la grazia di fare dono della sua vita. Ma solo nella Croce di Cristo, la Chiesa può ritrovare la sua piena unità visibile, quell’unità che crede e contempla già realizzata nel sangue dei Martiri.

la collocazione dell’icona sull’altare del Santuario di San Pietro martire di Seveso

Le figure dei Martiri sono distribuite in sette gruppi. Cinque, secondo le aree geografiche in cui hanno reso la loro testimonianza fino al sangue: Europa e Asia (al fianco della Croce), America, Africa, Oceania (ai piedi della Croce). E due, in alto, che raggruppano le vittime dei due regimi totalitari che hanno segnato la storia europea del XX secolo: il Nazismo e il Comunismo.

Ogni volto, ogni testimonianza  personale, ci ricorda che il martirio in tutte le sue forme è una realtà che accompagna la Chiesa di ogni tempo, è una realtà a noi contemporanea, è una realtà che ci rivela, nella massima trasparenza, la logica che rende autentica la nostra fede nel mondo: la logica della Croce.

La Deesis rappresenta la gerarchia celeste riunita attorno al Cristo in trono.  Le figure dei Santi sono viste di fianco in atteggiamento di supplica, di richiesta di intercessione a favore dei peccatori. A destra, secondo la tradizione, Giovanni Battista; seguono  Ambrogio, padre della Chiesa Ambrosiana, con Gervaso e Protaso. A sinistra, secondo la tradizione, la Madre di Dio; seguono Andrea, primo vescovo della chiesa  di Costantinopoli, con Giorgio, patrono di molte nazioni e martire venerato in tutte le Chiese, infine Pietro da Verona, martire domenicano a cui è dedicato il santuario.

Riflessione a cura della Comunità Monastica Ss. Trinità di Dumenza

Rivolgendosi ai membri della Commissione per il dialogo Anglicano – Cattolico, papa Francesco richiama con forza l’unità già esistente tra le Chiese cristiane grazie alla testimonianza dei martiri e dice: «Esiste un legame forte che già ci unisce, al di là di ogni divisione: è la testimonianza dei cristiani, appartenenti a Chiese e tradizioni diverse, vittime di persecuzioni e violenze solo a causa della fede che professano. Il sangue di questi martiri nutrirà una nuova era di impegno ecumenico, una nuova appassionata volontà di adempiere il testamento del Signore: che tutti siano una cosa sola».

Questa testimonianza, continua il papa, «ci esorta ad essere ancora più coerenti con il Vangelo e a sforzarci di realizzare, con determinazione, ciò che il Signore vuole per la sua Chiesa.

Oggi il mondo ha urgentemente bisogno della testimonianza comune e gioiosa, dei cristiani, dalla difesa della vita e della dignità umane alla promozione della pace e della giustizia».

E ancora più recentemente, in un momento di preghiera svoltosi nella basilica di san Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma, luogo consacrato alla memoria di tutti i martiri del XX-XXI secolo, papa Francesco ricorda il profondo legame tra martirio e Chiesa con queste parole: «è la grazia di Dio, non il coraggio, quello che ci fa martiri (…) La Chiesa la portano avanti i santi. Senza di loro la Chiesa non può andare avanti…. Oggi la Chiesa è Chiesa di martiri: loro soffrono, loro danno la vita e noi riceviamo la benedizione di Dio per la loro testimonianza. Ricordare questi testimoni della fede e pregare in questo luogo è un grande dono».

La memoria dei martiri è un dono perché ci rende consapevoli che la forza dell’amore, di quell’amore senza limiti che si rivela nel dono di sé, nella croce di Cristo, è più forte di ogni divisione: esiste già una comunione vera e profonda tra i cristiani e questa è data dal sangue dei martiri, di chi dona la propria vita per amore di Cristo.

Questa verità si rivela allo sguardo contemplativo della preghiera nell’icona realizzata dal maestro Alexander Stalnov, iconografo russo ortodosso, e collocata ora nella chiesa di san Pietro martire a Seveso.

L’icona vuole essere come una porta aperta che permette al nostro sguardo di contemplare quella piena comunione che dà volto alla Chiesa e che già è realizzata in Cristo. La grande basilica a più cupole che racchiude attorno alla croce di Cristo i tanti martiri del XX e del XXI secolo è il simbolo della Chiesa che ha ritrovato la sua piena unità visibile perché ha saputo lasciarsi lavare e purificare dal sangue dei testimoni dell’Agnello.

Simbolicamente, attraverso le forme e i colori dell’icona, ci viene offerta quella visione che Giovanni descrive nell’Apocalisse:

«Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello” […] Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Ap 7,9-10.14).

I martiri del XX-XXI secolo sono davvero una moltitudine immensa di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Nell’icona sono rappresentati solo alcuni testimoni più significativi, suddivisi secondo le aree geografiche in cui hanno reso la loro testimonianza fino al sangue: Europa e Asia, al fianco della Croce; America, Africa, Oceania, ai piedi della Croce.

E in alto sono raggruppate le vittime dei due regimi totalitari che hanno dolorosamente segnato la storia europea del sec. XX: il Nazismo e il Comunismo. Ogni potere, religioso o politico, che deturpa la dignità dell’uomo, che asservisce l’uomo alle logiche più disumanizzanti, ha trovato e continua trovare in tanti cristiani che vivono radicalmente l’evangelo delle beatitudini e il mistero della Pasqua di Cristo quella testimonianza che permette di denunciare ogni forma di idolatria.

Se anzitutto il martirio è testimonianza per Cristo, è anche testimonianza della vera vocazione di ogni uomo: essere immagine e somiglianza di Dio. Ed è consolate riconoscere tra i martiri rappresentati, volti che abbiamo visto, uomini e donne a noi contemporanei, testimonianze che hanno segnato la nostra storia: p. Jacques Hamel, d. Giuseppe Puglisi, mons. Oscar Romero, i monaci di Tibhirine, i martiri copti uccisi dal fanatismo islamico.

Ogni volto, ogni testimonianza personale ci ricorda che il martirio, in tutte le sue forme, è una realtà che accompagna la Chiesa di ogni tempo, è una realtà a noi contemporanea, è una realtà che ci rivela nella massima trasparenza la logica che rende autentica la nostra fede nel mondo: la logica della Croce.

E la “parola della croce”, o meglio l’annuncio Cristo Crocifisso (cfr. 1Cor 1,18), è al centro dell’icona. Collocata simbolicamente al centro del Tempio che racchiude la testimonianza dei martiri, l’evento della Crocifissione rivela la forza di ogni martirio: è la forza del chicco di grano che, caduto in terra muore e per questo produce molto frutto (cfr. Gv 12,24).

Solo dal dono di Cristo, da quel sangue e acqua sgorgati dal fianco trafitto, il martire trova il coraggio e le grazia di fare dono della sua vita. Ma solo nella croce di Cristo la Chiesa può ritrovare la sua piena unità visibile, quella unità che crede e contempla già realizzata nel sangue dei martiri. Quella comunione che ha trovato forma nella nostra storia nel sangue dei martiri e che la nostra icona chiama significativamente “Concilio ecumenico dei nuovi martiri” è il modello a cui ogni chiesa deve guardare per camminare verso l’unità e per attendere vigilanti la venuta del Signore.

È la verità che ci viene richiamata nella scena posta nella parte più alta dell’icona: il Cristo Pantocratore attorniato dalle figure oranti di Maria e Giovanni Battista, dai santi della chiesa di Milano, Ambrogio, Gervasio e Protasio, dai martiri Giorgio e Pietro, dall’apostolo Andrea, sono il simbolo della Chiesa nel suo compimento escatologico, quella chiesa che incessantemente intercede per noi (la comunione dei santi) e che ci ricorda, come diceva papa Francesco, che «la Chiesa la portano avanti i santi. Senza di loro la Chiesa non può andare avanti».

L’icona è stata benedetta dal papa Copto Tawadros II, patriarca di Alessandria d’Egitto, miracolosamente scampato all’attentato dell’aprile 2017. La celebrazione nella quale è stata presentata l’icona, si è svolta in occasione della festa del Santuario di san Pietro martire, Calendimaggio.