«L’icona come metafisica concreta. Neoplatonismo e magia nella concezione dell’arte di Pavel Florenskij»

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«L’icona come metafisica concreta. Neoplatonismo e magia nella concezione dell’arte di Pavel Florenskij»
di Chiara Cantelli
Aesthetica Preprint, Agosto 2011, Centro Internazionale Studi di Estetica
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(Dalla premessa) Questo è un libro sulla teologia dell’icona di Florenskij letta a partire da alcuni paradigmi della filosofia dell’arte di Arthur C. Danto. In particolare, è in opere come La destituzione filosofica dell’arte, ma non solo, che ho trovato stimoli a ricomporre il puzzle che stavo costruendo intorno a Florenskij e alla sua concezione dell’icona; quella lettura mi ha infatti permesso di sciogliere ogni dubbio residuo su quanto stavo rimuginando da tempo: il fatto che la riflessione florenskiana sull’icona non fosse una teologia dell’Invisibile, come soleva e suole ancora presentarla la linea maggioritaria della critica, ma l’esatto contrario, ovvero una teologia del Visibile.
Soprattutto devo a Danto l’avermi offerto la cornice teorica per poter articolare una simile idea, e questo per un motivo molto semplice: egli, rispetto a Florenskij, ha per certi versi una concezione dell’arte opposta e simmetricamente speculare. In altri termini i due autori pensano la stessa cosa ma in forma rovesciata, di modo che ciò che per l’uno è positivo, per l’altro è negativo e viceversa. Se l’estimatore di Brillo Box ritiene che l’arte sia nata e si sia costituita come tale quando ha iniziato ad essere consapevole della natura puramente rappresentativa dei propri prodotti, emancipandosi dal contesto magico in cui era sorta e stabilendo una distanza tra sé e la realtà che si proponeva di rappresentare, Florenskij pensa, al contrario, che la specificità dell’arte risieda proprio in quelle radici magiche (il termine magico è suo quanto di Danto) che ne hanno costituito l’atto di nascita e che hanno connotato il suo rapporto con la realtà nel segno di un identità reale e non metaforicofinzionale; emanciparsi da quel contesto magico, pertanto, non ha significato per l’arte compiere il primo passo verso la propria consapevolezza di sé ma, semmai, misconoscere e tradire la propria identità….(continua su DocPlayer.it)…