“ICONA PONTE TRA ORIENTE E OCCIDENTE”

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Download iconostasi (poi donata alla Chiesa del Carmine di Novara il 30/3/2014: link qui)

Presentazione della mostra e degli eventi: Al termine dell’anno della fede, voluto da Benedetto XVI, questa mostra propone una riflessione sulla relazione tra verità e bellezza, invitandoci a ripercorrere il cammino delle sante immagini, ufficialmente nate dopo l’editto di Costantino, di cui quest’anno si celebra il XVII centenario.E’ proprio il “Cristogramma Costantiniano” infatti la prima espressione ufficiale del ricco bagaglio iconografico che connoterà successivamente il percorso di diffusione del cristianesimo.L’icona, patrimonio della chiesa indivisa nel primo millennio cristiano, diviene nei secoli successivi tesoro quasi esclusivo dell’Oriente cristiano.
In questi ultimi decenni però, anche l’Occidente ha riscoperto la bellezza spirituale delle sante immagini, nelle quali umanità e trascendenza si intrecciano, dove la Parola eterna e l’umana, lo sguardo trascendente e quello terreno si configurano nella persona del Cristo. In Lui infatti vediamo “l’icona del Dio invisibile” , secondo le parole di san Paolo nella lettera ai Colossesi.
E’ proprio questo il fondamento dell’iconografia cristiana: arte e fede che si incontrano, che si esprimono attraverso un linguaggio che è solo apparentemente semplice, ma che ha in sé una profonda valenza teologico-simbolica.
Nell’icona segno, colore, forma, esprimono il “totalmente altro”, ci permettono di contemplare il Mistero che si fa presente, che diventa in qualche modo leggibile.
Se agli albori del cristianesimo l’immagine sacra era considerata una sorta di simbolo identitario, in cui tutti i fedeli si riconoscevano, perché faceva memoria del Cristo risorto, è bello pensare che anche oggi l’icona evocando le radici comuni, ci aiuti a favorire il dialogo ecumenico, a gettare ponti e, in ultima analisi a contribuire alla costruzione della pace.

L’uomo trasfigurato.
Nell’iconografia bizantina, la rappresentazione dell’umanità redenta si esprime attraverso canoni del tutto nuovi rispetto all’arte classica. Volendo infatti rappresentare l’uomo nel suo aspetto spirituale, non è possibile ricorrere agli stessi stilemi usati per esprimere la bellezza formale. Si procede dunque alla stilizzazione dei corpi, che perdono man mano le fattezze naturalistiche per divenire sempre più essenziali, allungati, dal colorito ocra scuro. Corpi smorti, quasi astratti, su cui però si dispiega un tratteggio luminoso che li rende fonte di luce spirituale.
Centro della rappresentazione è il volto intenso, dallo sguardo profondo, dove gli occhi, luogo dell’anima, sono smisuratamente grandi e sottolineati da un’esplosione di luce tale da affascinare e interrogare chi li guarda. Il naso è sottile, allungato, dettaglio che dona nobiltà al volto, la bocca piccola, dalle labbra sottili, non carnose, sempre chiusa nel silenzio della contemplazione. L’aureola dorata che circonda il capo contribuisce a creare uno spazio di luce immateriale, che dà ancora maggiore enfasi alla dimensione spirituale.
La creazione si apre con l’immagine della luce, non quella della luna e delle stelle, ma la luce dello Spirito, nella quale tutte le cose hanno vita.
Il nostro ideale percorso di visita inizia dall’icona della Trasfigurazione, perché quell’immagine più di altre è metafora del lavoro dell’iconografo, che partendo dalle tonalità più scure, dà forma all’immagine “portandola alla luce”, intessendola di luce. E’ la stessa luce divina che abbagliò i tre discepoli sul monte Tabor, attoniti di fronte alla manifestazione della gloria del Cristo: “Il Suo volto brillò come il sole e le Sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,3).

Icone in mostra

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